In seguito giunse la protesta del WWF Sardegna che chiese in via ufficiale al sindaco di Quartu di interrompere i rapporti con il Cagliari e chiudere l’impianto per evitare i disturbi che gli incontri di calcio causavano all’avifauna presente nel vicino Parco Molentargius. Previsto anche un ampio parco naturale intorno alla chiesa campestre di Santa Cristina, ma non un megastore né alcuna attività collaterale di sorta, limitando dunque gli incassi come da tradizionale realtà italiana. Uno stadio moderno di proprietà diviene pertanto il biglietto da visita di un club, inquadrandosi come il luogo in cui si svolgono le manifestazioni attinenti al core business della squadra e in cui si sviluppano attività collaterali che diversificano ed ampliano gli introiti: punti di ristorazione, alloggi, box office per aziende che vogliano rendere il soggiorno dei loro clienti più piacevole. Per quanto riguarda le procedure, i club sono chiamati a presentare al Comune di competenza uno studio di fattibilità che non può prevedere altri tipi di interventi salvo quelli strettamente funzionali alla fruibilità della struttura e al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa.
I club italiani più importanti, ma anche i piccoli, hanno da tempo compreso che la proprietà o l’affitto degli impianti per tempi lunghi sono le uniche modalità per cercare di incrementare quella voce ricavi da stadio che ancora oggi risulta limitata nella maggior parte dei casi ai soli proventi connessi alla vendita dei biglietti. Tuttavia, per ragioni diverse, sia la costruzione di nuove strutture da parte delle società sia la privatizzazione degli impianti esistenti sono stati per anni di difficile realizzazione, specie nel breve/medio periodo: gli investimenti risultavano esosi, vi erano vincoli urbanistici da superare ritenuti eccessivi e in molte città non si è riusciti a far accettare l’operazione all’opinione pubblica. All’anomala alleanza tra PD e Lega Nord nel non voler approvare in passato tal disegno, si era aggiunto il presidente della Lazio Claudio Lotito, oggetto il 20 maggio 2011 di un attacco da parte dell’onorevole Giovanni Lolli, che insieme ad Alessio Butti aveva presentato il disegno di legge, perché colpevole di far pressioni al fine di non far licenziare definitivamente una variante del disegno che, firmata ed approvata già nel dicembre 2010 all’unanimità dai membri della Commissione della Camera, avrebbe continuato a salvaguardare i vincoli idro-geologici ed architettonici impedendo di fatto a Lotito di costruire sui propri terreni nella zona della Tiberina il nuovo Stadio delle Aquile con tanto di cittadella biancoceleste intorno.
La conseguente impossibilità di ottenere nuove deroghe per l’utilizzo dell’impianto portò alla definitiva chiusura da parte della commissione di vigilanza per inagibilità. La morfologia dell’impianto di progetto si sviluppa partendo da un restyling delle gradinate della Tribuna Ovest con l’inserimento di postazioni skybox e l’ammodernamento dei servizi funzionali all’attività calcistica. I rossoblù tornarono così al Sant’Elia, ricostruito, neanche a dirlo, con parte della struttura dell’impianto quartese. Lo stadio Santa Cristina ad Elmas, questo il nome della struttura che avrebbe dovuto sostituire il Sant’Elia, avrebbe dovuto prevedere 23.600 posti di capienza massima, tutti al coperto, altissimi standard di qualità e sicurezza, 5mila parcheggi, due ingressi utilizzati per collegare la viabilità interna con quella ordinaria e un collegamento diretto con le Ferrovie dello Stato. Beh, anche questa è una gran bell’idea, soprattutto se ti piace “sporcarti le mani” in prima persona e realizzare il lavoro senza affidarti a un grafico professionista (che, avendo il giusto budget, sarebbe comunque la soluzione migliore se si vogliono ottenere risultati di qualità). In esso sono attivi in campo internazionale centinaia di ricercatori, per studiare la dinamica di elettroni in molecole varie, e i cui risultati più importanti devono forse ancora arrivare.
L’Inter è dipendente dai contributi di capitale di Suning ed eventuali restrizioni alla capacità di Suning di fornire tali contributi influenzerebbe negativamente le attività e i risultati delle operazioni dell’Inter. Nell’articolo 2, il disegno di legge in questione sottolineava che gli interventi possibili sarebbero stati di due tipi: quelli per costruire o ristrutturare complessi sportivi per renderli moderni, funzionali e attrezzabili con attività commerciali, musei delle squadre e tutto quello che oggi già vediamo negli impianti più moderni in Europa, e quelli che invece avrebbero riguardato i complessi multifunzionali, per cui, insieme allo stadio, si sarebbe potuto costruire anche un nuovo quartiere con insediamenti residenziali, attività commerciali, ricettive, di svago, culturali e di servizio, da poter realizzarsi anche in aree non contigue allo stadio. Lo stadio costituisce, quindi, un asset fondamentale sia come componente patrimoniale che si aggiunge al parco calciatori con garanzie infinitamente maggiori, sia per la creazione di valore tramite la gestione delle numerose attività commerciali che si possono sviluppare al suo interno. I felsinei, che nel 1998 avevano stipulato un accordo con il Comune per l’utilizzo trentennale dello stadio Dall’Ara, presentarono, nello specifico, nel dicembre 2006 una bozza di maxi-progetto per la realizzazione di una cittadella dello sport con un investimento complessivo che sarebbe stato pari a 500 milioni di euro e avrebbe coinvolto 310 ettari di terreno su cui sarebbero dovuti sorgere un parco divertimenti, un parco acquatico, un parco dell’auto con spazi museali e una pista per le prove su strada, un campo da golf da 18 buche, centri commerciali, negozi ed appartamenti, oltre, ovviamente, al centro tecnico e al nuovo stadio del Bologna.
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